Journalist Fabio Isman wrote on May 4 of the Italian judge's ruling that the Fano Athlete had been smuggled out of Italy and wrongfully sold to the Getty Museum in Il Messaggero in the article titled "l'Atleta del Getty deve essere confiscato."
With the writer's permission, we are reproducing the text here:
For a translation to English, please use Google Translate.ADESSO al Getty resta solo la remota speranza che i giudici abbiano sbagliato ad applicare la legge: l’estremo ricorso in Cassazione; infatti, il Gip di Pesaro Maurizio Di Palma ha confermato la confisca del bronzo alto oltre un metro e mezzo del IV o III secolo a.C., l’«Atleta vittorioso», da molti (erroneamente) attribuito a Lisippo, e ripescato nel mare di Fano nel 1964; il progenitore della Grande Razzia, costata al nostro Paese un milione e mezzo di antichità scavate di frodo dal 1970. Il vecchio Jan Paul Getty non lo voleva: era disposto a comperarlo solo con una «clearence» italiana; appena morto lui, il museo con il suo nome l’ha acquistato. Una delle stelle assolute della Villa Romana di Malibu (la copia di quella dei Papiri di Ercolano:pazienza se un po’ «kitsch»): è al centro di una sala, e per lei il museo non ha mai voluto intavolare trattative con il nostro Paese. Invece, è confiscata: ribadita la decisione, dopo un primo ricorso californiano, con gran spreco di avvocati.I motivi, in realtà, c’erano tutti: ripescato al largo di Fano (e quanto non conta) un venerdì del settembre 1964 dal peschereccio Ferri Ferruccio comandato da Romeo Pirani; poi sbarcato in Italia; sotterrato; a lungo celato a Gubbio dai Barbetti, fratelli cementieri, e dal prete Giovanni Nagni, perfino nella vasca da bagno; infine, forse trasferito in Brasile e comperato in Germania dal museo per quasi quattro milioni di dollari nel 1977. Fosse Lisippo, sarebbe senza pari: nessuna sua scultura si è salvata dal tempo; ma, pur non essendolo, rimane una statua rarissima: simile, anche nelle vicende del naufragio, ai Bronzi di Riace. Magari era destinata a un gruppo celebrativo, nei santuari di Delfi, o Olimpia; le mancano solo i piedi. La guerra per riaverlo è stata (ma anche sarà) davvero strenua: Alberto Berardi, ex assessore provinciale di Fano, ha consegnato ai giudici un pezzetto della concrezione che rivestiva il bronzo, salvata dal disseppellimento da un campo di cavoli; gruppi locali, come Cento città, non si sono mai arresi, con il ricorso al Pm dopo una serie di processi infausti (in uno, assoluzione perché il corpo di reato non era stato esibito!); Maurizio Fiorilli, viceavvocato generale, ha coltivato il giudizio; il Pm Silvia Cecchi ha chiesto la confisca nel 2007; il Gip Lorena Mussoni l’ha decisa due anni fa. Invano il Getty ha invocato la buona fede: da alcuni documenti, messa perfino in serio dubbio; avrebbe potuto avere più «diligenza».Il Getty, che ha restituito oltre 60 pezzi (ed altri sembra li stia per rispedire in Italia), non ha mai voluto nemmeno discutere della statua, così importante da essere nota come «bronzo Getty» tout court: capezzoli in rame; occhi spariti che forse erano in avorio; 50 chili di peso; fusione a cera persa; braccio destro alzato, come per incoronare la testa di alloro; i capelli in ciocche, perfettamente scolpiti. Di cinque marinai che lo hanno ripescato (e non capivano che cosa imbrigliasse le loro reti: ad un certo punto, temevano un cadavere), alcuni se ne sono ormai andati. La «querelle» sul luogo esatto, e discusso, del ritrovamento, è senza un senso: anche se in acque internazionali, su una barca dalla bandiera italiana, nascosta nella Penisola, esportata senza alcun permesso, la statua appartiene al nostro Paese. Già due volte i giudici l’hanno stabilito. Il Getty, nel 2007, nelle trattative con Francesco Rutelli allora ministro, si era impegnato a rispettare il volere dei magistrati; sono più concrete le speranze, anche se sarà ancora battaglia.
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